venerdì 30 novembre 2007

Il Vassallum



..qualche simpatico sito internet sui nuovi feudi

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mercoledì 21 novembre 2007

Neo Feudalesimo Italiano

di Alessandro D'Ovidio
All’origine delle patologie che segnano i percorsi di questo Paese vi è uno scivolamento progressivo verso forme più o meno evidenti di neofeudalesimo. Il sistema socio-politico italiano somiglia sempre più ad un coacervo di istituzioni, usanze, consuetudini e prassi di stampo feudale. Un sistema a deriva feudale in politica dove l’applicazione del meccanismo elettorale uninominale-maggioritario ha favorito la crescita e il consolidamento di potenti consorterie partitiche. La modifica del modello elettorale in senso proporzionale ha ulteriormente rafforzato il ruolo ed il potere delle oligarchie centrali e le ultime elezioni politiche hanno visto l’elezione di un Parlamento i cui rappresentanti sono stati rigidamente selezionati dalle segreterie dei partiti sulla base di obbedienze certe e fedeltà al capo. La prospettiva federalista e l’edificazione in periferia di un’architettura amministrativa e politica fortemente decentrata con il ruolo e l’elezione diretta di presidenti di Regioni, di Province e sindaci hanno confermato ancora di più questa deriva neofeudale.Infatti, invece di realizzare un moderno federalismo, si sono moltiplicati i centri di potere e di spesa senza responsabilità e controllo. Così una riforma, considerata indispensabile per modernizzare il Paese, si è trasformata in una zavorra che rischia di affondare lo stesso sistema politico e istituzionale. Nello stesso tempo, il protagonismo di taluni sindaci e governatori regionali, la loro forza sul territorio, la loro possibilità di porre ostacoli a volte insormontabili agli indirizzi e alle politiche unificanti del governo centrale, somigliano sempre più alle intemperanze che vassalli, valvassori, valvassini manifestavano periodicamente nei confronti del sovrano, rivendicando un potere di veto rispetto alle decisioni assunte dal centro. Un sistema a deriva oligarchico-feudale in economia dove la compenetrazione tra banche e impresa si è fatta sempre più salda e la tendenza alla concentrazione si è consolidata soprattutto nell’ultimo anno. La auspicata razionalizzazione, soprattutto nel settore dei servizi, non si è risolta, come tutti speravano, in maggiore competitività o in un miglioramento della qualità dei servizi. Ha invece favorito la formazione e lo sviluppo di potenti strutture monolitiche nei settori dell’energia, delle telecomunicazioni, del credito e delle assicurazioni, senza arrecare utilità ai consumatori sul piano della riduzione delle tariffe e senza apportare benefici (in senso paretiano) al sistema economico nel suo complesso. Questa tendenza neofeudale non riguarda solo l’economia o la politica ma ha contagiato ormai anche particolari aree della società come il Terzo Settore, che nella sua attività di erogazione di servizi dovrebbe essere ispirato da motivazioni nobili, da princìpi in un certo senso svincolati dalle logiche del mercato, da valori altri rispetto a quelli del profitto. Non obbediscono a logiche di appartenenza feudale le Coop, in diversi casi vere e proprie holding societarie, o la Compagnia delle Opere? L’azione di questi colossi dei servizi e della finanza non viene forse informata da tendenze monopoliste e da logiche di espansione territoriale propria dei soggetti profit? Per diversi aspetti, anche la Pubblica amministrazione versa in condizioni feudali. I cittadini e le imprese non pagano quotidianamente opprimenti diritti di servaggio e di corvées ad élite burocratiche autoreferenziali per svolgere la propria attività o per ottenere il riconoscimento di diritti e facoltà previsti dalla legge? L’azione di alcuni dirigenti di Amministrazioni pubbliche, super pagati e incompetenti, non ricorda forse quegli antichi signorotti feudali che, rinserrati nel loro feudo, protetti dal sovrano, cercavano di massimizzare la propria rendita di posizione, imponendo pesanti diritti di passaggio? Questi “moderni” manager delle burocrazie centrali e locali non rappresentano forse il crocevia privilegiato, il luogo di scambio in cui avviene la compensazione degli interessi tra politica, imprese e Pubblica amministrazione? E le vessazioni e gli arbitrii continuamente sperimentati dai cittadini sulla propria pelle quando si trovano di fronte alla Pubblica amministrazione (per una prestazione sanitaria, una autorizzazione, una licenza o altro) non somigliano a meccanismi feudali in cui chi domanda sconta una condizione di inferiorità assoluta e priva di garanzie di fronte ad un Moloch onnivoro, incontrollabile e irresponsabile delle proprie azioni?Il sistema di imposizione fiscale poi con le sue gabelle, tasse, imposte, balzelli, completa l’edificio neofeudale, assicurando la possibilità a chi gestisce la cosa pubblica di amministrare e spendere le risorse collettive senza una “ratio” e spesso senza un fondamento. In questo schema, il distacco tra i cittadini (i tassati) e la politica (che impone le tasse) diventa incolmabile e la crisi dello Stato da fiscale diventa morale, perché la dilatazione del prelievo tributario, assumendo i contorni di una vera e propria perversione istituzionale, diventa espressione diretta della decisione politica di spendere senza una finalità certa, chiara e trasparente agli occhi dei cittadini. I cittadini, dunque, toccano quotidianamente con mano le inefficienze delle Pubbliche amministrazioni e, accorgendosi che il prelievo fiscale non si traduce in una maggiore qualità dei servizi ricevuti, finiscono con l’accumulare un astio ed un risentimento sempre crescenti. E non migliora certo la loro visione della Pubblica amministrazione e degli Enti pubblici il sapere che retribuzioni e liquidazioni di amministratori delegati e manager pubblici sono mediamente più elevate di quelle dei colleghi europei, mentre i servizi (ferrovie, aerei, trasporto pubblico locale) stanno scivolando verso standard da paesi in via di sviluppo.