martedì 6 aprile 2010

UN ANNO DOPO





Bertolaso parteciperà solo alla funzione religiosa prevista per le 4 di mattina presso la Chiesa di Collemaggio. Lo ha detto questa mattina durante l'iinaugurazione della contestata nuova Chiesa di Piazza D'Armi sorta su un terreno pubblico grazie all'ENNESIMA imposizione di Protezione Civile e una parte della Chiesa
INTANTO Anita, aquilana di 83 anni, ha proprio la tempra della garibaldina: dopo mesi da sfollata, da sola in una stanza d’albergo sulla costa abruzzese, tre giorni fa ha occupato una stanza di una caserma dell’Aquila

2008: il Comune compra l’area di Piazza d’Armi, a pochi soldi come terreno agricolo, con destinazione verde pubblico

ottobre 2009: il consigliere Luigi D’Eramo presenta un ordine del giorno al consiglio comunale sulla collocazione a Piazza d’Armi della mensa celestiniana. L’ordine del giorno, contro i regolamenti che prevedono 7 giorni tra la presentazione e la discussione, viene votato subito. 22 favorevoli, 7 astenuti. L’ordine del giorno è un atto di mero indirizzo e non è vincolante.

26 gennaio 2010: La Meraviglia S.p.A. vince la gara di appalto per la realizzazione della mensa celestiniana, degli alloggi (per i bisognosi e i volontari) e della chiesa offrendo un ribasso economico pari al 17,89%. Alla gara, indetta tramite procedura negoziata, sono invitate a partecipare 14 società, tutte ditte appaltatrici del piano C.A.S.E.

28 gennaio 2010: la commissione territorio e i capigruppo del Comune dell’Aquila bloccano i lavori e chiedono un consiglio comunale ad hoc per discutere di tutti i progetti riguardanti la destinazione di Piazza d’Armi.

notte del 28 gennaio 2009: la ditta appaltatrice fa la prima gettata di cemento, nonostante il cantiere è stato bloccato

29 gennaio 2010: “La mensa dei poveri si fa a piazza d’Armi punto e basta” afferma Bertolaso “In passato sono stato criticato per aver preso decisioni da solo con scarso senso democratico. Una volta tanto lo faccio veramente. Se è vero che per le prossime 72 ore sono ancora io al comando, posso assicurare che la mensa si farà secondo il progetto previsto”. Dopo queste parole Cialente si impegna a sbloccare la realizzazione giungendo a dichiarare che l’opera si può fare solo se removibile.

Ci sono altre zone dove il progetto della mensa – finanziato tra gli altri da Protezione Civile, Carispaq e il quotidiano Il Centro – può essere collocata. In uno dei tanti terreni della Chiesa ad esempio. Siamo stufi che gli interessi della Chiesa siano sempre privilegiati e il caso della nuova Casa dello studente lo conferma.

Quello che più ci indigna è la metodologia con cui la scelta è stata presa. Una nuova imposizione, suggellata dalle dichiarazioni di Bertolaso e come al solito avallata dal sindaco Massimo Cialente.

Per la prima volta in cui un dibattito si accende viene spezzato in questo modo dal capo della protezione civile che in base ai suoi super poteri decide. Ma questa non è un opera legata all’emergenza e non rientra nelle competenze del sottosegretario.

Inoltre l’area è il luogo di un’ indagine per lo scarico non regolare di macerie e necessita di una bonifica.

Per questo chiediamo un incontro con il vescovo Giovanni d’Ercole e con il sindaco Massimo Cialente per avere chiarimenti in merito a questa situazione.

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C’è un’informativa giudiziaria – riservata – redatta della Polizia dell’Aquila che accusa i vertici della Protezione Civile di omicidio colposo. Omicidio colposo per non aver dato l’allarme alla popolazione aquilana prima della scossa fatale del 6 aprile scorso. Nonostante uno sciame sismico – in corso da quattro mesi e con oltre quattrocento scosse – giustificasse quanto meno la dichiarazione di “stato d’allerta”, se non l’evacuazione (come invece avvenuto in Garfagnana nel 1985). Una “negligenza fatale” secondo gli investigatori. Ora il rapporto dettagliato (con documenti scientifici, interrogatori e perizie) è stato inserito nel fascicolo di indagine della Procura dell’Aquila sul “mancato allarme” nei giorni precedenti la tragedia e si trova sul tavolo del sostituto procuratore Fabio Picuti.

Un documento “delicato”, spiegano da Palazzo di Giustizia, in quanto arrivato sul tavolo del magistrato che conduce l’indagine pochi giorni prima dell’anniversario del sisma. Il timore è che iniziative giudiziarie immediate possano turbare la fiaccolata commemorativa prevista in città per la notte tra domani e martedì. Ma non è escluso che la Procura entro qualche giorno assuma iniziative. Allegati al dossier della Polizia ci sono anche gli interrogatori al vice capo della Protezione Civile Bernardo De Berardinis, al presidente vicario della “Commissione Grandi Rischi” della Protezione Civile Franco Barberi, al presidente dell’Istituto di Geofisica e Vulcanologia Enzo Boschi, al direttore dell’ufficio rischio sismico della Protezione Civile Mauro Dolce, al direttore del Centro Nazionale Terremoti Giulio Selvaggi e altri tre funzionari della Protezione Civile dell’ufficio gestioni emergenza e servizio comunicazione.
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Giornali e TV in questi giorni sono ritornati in massa. Chi per confermare senza vergogna alcuna la disinformazione fatta in questo anno, chi per trovare storie che indichino il contrario, chi semplicemente perché l’anniversario del sisma “fa notizia” e non si può non essere presenti.

E se per molti il 6 aprile è un punto di arrivo, per mostrare quanto fatto in questo anno, o per raccontare cosa è successo, per noi, per gli aquilani e crediamo anche per molti italiani correttamente aggiornati, sarà un giorno di riflessione, ricordo, e rispetto, nel silenzio. Ricorderemo le vittime, ed a riflettori nuovamente spenti torneremo ad informare, come pensiamo sia più corretto fare per la rinascita della città e dei borghi limitrofi. In quello che potremmo definire l’inizio dell’Anno II D.T. (Dopo Terremoto).
Oggi possiamo affermare di aver visto crescere, negli ultimi mesi, la consapevolezza di molti aquilani sul possibile destino della città, se non si diventa attivi, partecipi e controllori di un comune processo di rinascita. Molti i progetti che semplici cittadini stanno definendo in questo periodo, ne daremo notizia nei prossimi giorni. Molto ancora da fare. Dall’abbattimento totale del muro che separa alcune amministrazioni locali dalla popolazione, alle richieste su cui alzare la voce nei confronti dei politici e del governo nei prossimi mesi. Ed è in questa partecipazione crescente della popolazione che vediamo le maggiori speranze per il futuro. Forse un’utopia, ma da questa partecipazione potrebbe consolidarsi un modello da esportare in tutta Italia. Macerie e carriole fanno già parte del vocabolario giornalistico. Domani, altri termini ed idee potrebbero rientrarvi, lo scopriremo insieme nei prossimi mesi.

Le risate degli sciacalli della “cricca”, intercettate dalla Procura di Firenze, danno la misura della sorte che attende l’ormai ex “Isola felice”. Criminalità organizzata e comitati di affari all’assalto di una regione che aveva già dimostrato di essere impreparata a fronteggiare tali fenomeni: ad attirarli è il piatto ricco della ricostruzione, a spianargli la strada è il modello di intervento scelto dal Dipartimento di protezione civile.
Ad un anno dal sisma, per comprendere cosa è successo e cosa succederà, è utile ricordare le tappe principali. All’alba del 6 aprile, la strategia di Bertolaso è stata quella di esautorare gli enti locali dei loro poteri, disarticolare le forze dell’ordine nel loro funzionamento, militarizzare il territorio. Contemporaneamente, metà degli abitanti sono stati trasferiti sulla costa e gli altri, per sette lunghi mesi, tenuti chiusi nelle tendopoli e sottoposti a controlli e divieti, come quelli di assemblee o volantinaggi. Così, in un territorio spopolato e con le comunità distrutte e disperse, tutta la prima emergenza è stata gestita come uno dei tanti Grandi eventi, con il suo corollario di sperperi e favori. Emblematico, sul modello del G8 alla Maddalena, è l’appalto dei bagni chimici nelle tendopoli. Sono 3.500 quelli noleggiati, al prezzo di 80 euro al giorno: secondo le indagini ne risulterebbero circa 1.600 in più del necessario, quasi 4 milioni di euro al mese sprecati. E resta da chiarire anche il ruolo di diverse ditte campane, già impegnate nell’affare rifiuti e arrivate a L’Aquila – chiamate dalla protezione civile – all’alba del 6 aprile.
Ma accadono altri episodi ben più inquietanti. A poche ore dall’annuncio della Procura di inchieste per crolli sospetti, Il giorno di Pasqua e Pasquetta decine di camion e ruspe trasportano a Piazza d’Armi proprio quelle macerie per triturarle in due enormi macchine tritasassi: centinaia di metri cubi di detriti – e di prove – vengono così fatti sparire. Subito dopo la Dna crea un pool antimafia per l’emergenza Abruzzo.
Ed è in questo scenario che parte il Progetto CASE: con la promessa “Dalle tende alle case entro settembre”, si avvia la costruzione di 4.700 nuovi alloggi. Grazie al potere di ordinanza e di deroga, il Dipartimento aggira le leggi ordinarie, non solo urbanistiche e ambientali, ma anche quelle su appalti e subappalti: con il pretesto dell’emergenza, Bertolaso gestisce così altre centinaia di milioni di euro senza controlli, nemmeno della Corte dei conti.
Quello degli scarsi controlli è uno dei nervi scoperti e chiama in causa le responsabilità del governo. Ad aprile il Decreto Abruzzo disponeva «permeanti controlli antimafia sui contratti pubblici e sui successivi subappalti e subcontratti», da effettuarsi a partire dalle Linee guida indicate dal «Comitato di coordinamento per l’alta sorveglianza delle grandi opere» e che per garantire l’efficacia dei controlli antimafia è prevista la «Tracciabilità dei relativi flussi finanziari». Il decreto prevedeva pure l’obbligo di istituire la «White list», una lista delle imprese “oneste” cui rivolgersi per il conferimento di subappalti; la costituzione della Sezione specializzata «per la prevenzione e la repressione dei tentativi di infiltrazione mafiosa», e del Giger (Gruppo interforze centrale per l’emergenza e ricostruzione).

Questo ad aprile 2009. Otto mesi dopo, quando il lavori del Progetto CASE dovevano essere già ultimati, del decreto sulla «Tracciabilità dei flussi finanziari» non vi è traccia, mentre il decreto che stabilisce composizioni e compiti della “Sezione specializzata” e del “Gicer” è stato emanato solo il 3 settembre e fino a metà ottobre risultava ancora giacente presso la Corte dei conti. E’ il Prefetto a fornire un’altra data certa: la prima riunione della «Sezione specializzata» si è tenuta solo l’11 novembre.
[size=14]Di fatto si ammette che nell’intera fase del soccorso e della ricostruzione leggera si sono spesi oltre un miliardo di euro senza attivare strumenti essenziali di controllo e contrasto previsti sin da aprile.
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Non è un caso che ad oggi le imprese escluse da appalti e subappalti siano pochissime. Eppure non sono mancati casi sospetti, come quello dell’Impresa Di Marco, impegnata nel movimento terra nel cantiere di Bazzano. Il titolare risultava socio anche nella Marsica plastica srl insieme a elementi riconducibili alla criminalità organizzata siciliana e ad uno degli arrestati a Tagliacozzo nella Operazione Alba d’oro, definita dagli stessi inquirenti, tre settimane prima del terremoto, come «il primo caso conclamato di presenza mafiosa in Abruzzo». Appresa dai giornali la notizia il prefetto convocò una irrituale conferenza stampa in cui difese la ditta, salvo poi vedersi costretto, 70 giorni dopo, a ritirargli il certificato antimafia.
Ma è successo anche di peggio. A luglio, le forze di polizia arrestano un latitante all’interno di uno stabilimento di una grande azienda locale aggiudicataria di un cospicuo appalto e accertano che il latitante lavora per un’altra impresa subappaltatrice priva di autorizzazione. Vengono allora disposti accessi in due dei circa cento cantieri aperti e si individuano 132 ditte sospettate del reato di subappalto non autorizzato. A metà novembre, il Dipartimento inserisce nell’ordinanza 3820 un semplice comma che di fatto cancella tale reato: così le forze dell’ordine si vedono sottrarre tra le mani le prove già raccolte.
Per i subappalti senza gara un caso indicativo è quello del’on. Filippo Piccone, coordinatore del Pdl abruzzese, che ha appena fatto eleggere a Presidente della provincia il suo pupillo. Con una sua ditta, la Korus, si è aggiudicato in Ati con altre due aziende almeno tre forniture e messa in opera di infissi in alluminio per quasi due milioni di euro. Solo per una di esse la Protezione civile indica il 25 settembre come data di firma del contratto: eppure la mattina del 26 settembre gli infissi dell’onorevole Piccone venivano già scaricati nel cantiere di Bazzano, dal tir dell’azienda di suo padre Ermanno. Quest’ultimo, risulta socio anche della Rivalutazione Trara srl, insieme all’onorevole pdl Sabatino Aracu e Dante Di Marco, lo stesso a cui è stato ritirato il certificato antimafia per il movimento terra proprio nel cantiere di Bazzano.
Sarebbero oltre 300 le imprese siciliane, calabresi, pugliesi, napoletane e abruzzesi da “accertare”, comprese diverse con sede al nord ma intestate a figli o a nipoti di mafiosi o camorristi di seconda e terza generazione.